DOSSIER FILLEA CGIL ROMA E LAZIO: TUTTI I NUMERI ED I NOMI DELL’URBANISTICA DELLA CAPITALE.

UN CITTA’ E LA SUA POLITICA IN OSTAGGIO DEI GRANDI COSTRUTTORI, DAL DOPOGUERRA AD OGGI.

La polemica sulla destinazione d’uso delle caserme cedute dallo Stato al Comune di Roma, è solo l’ultimo atto della barbarie urbanistica a cui è stata sottoposta la Capitale nei decenni. Complice la politica, di destra e di sinistra, i grandi costruttori hanno cambiato il volto della città, con profitti altissimi, non ricambiando in termini di servizi e strutture, ora a carico delle istituzioni.

La stucchevole polemica di questi giorni apparsa sulle colonne di “Repubblica”, relativa alla destinazione d’uso delle 15 caserme militari cedute dallo Stato al Comune di Roma e sul raddoppio  delle cubature nelle 8 centralità del Piano regolatore “necessario perché il basso indice edificatorio è insufficiente per costruire le opere infrastrutturali” come dice l’Assessore Corsini, con la protesta delle opposizioni che parlano di un regalo ai costruttori e ai soliti noti, è per noi lo spunto per ricordare, a quanti hanno perso la memoria o non vogliono ricordare, la storia travagliata dell’urbanistica della Capitale dagli anni ’50 ad oggi.

Quella di questi giorni, è l’ennesima dimostrazione di come, dal dopoguerra ad oggi, in questa città la politica sia subalterna ai poteri economici e insegua i costruttori e i proprietari delle aree.

E se prima erano Vaticano, principi, allevatori di pecore, poi a diventare proprietari di terreni sono  stati direttamente i costruttori. E il Comune di Roma non ha fatto altro che insdeguire i vari Caltagirone, Toti, Scarpellini, Mezzaroma, Parnasi, Gianni, Santarelli ed altri eccellenti nomi di imprenditori-immobiliaristi romani, che vivono oggi di luce riflessa.

Proviamo, schematicamente, a ripercorre attraverso alcuni fatti e decisioni, gli ultimi anni della politica romana, di centrosinistra prima e attualmente di centrodestra, relativa allo sviluppo urbanistico e della mobilità a Roma. Ricordiamo come la politica stessa sia stata e sia, più o meno consapevolmente, condizionata da interessi particolari e non generali.

Partiamo da un dato per tutti che deve far riflettere: il Piano Regolatore del 1965 prevedeva 130 km di metropolitana. Oggi ne sono stati realizzati solo circa 36 km.

Assieme ad altri costruttori, Caltagirone tira su il quartiere di Ponte di Nona sulla Collatina, con il più grande centro commerciale d’Europa, 20.000 abitanti che diventeranno il doppio. Un autobus collega il quartiere con la stazione ferroviaria di Lunghezza, località distante da Roma.

Tra Laurentina e Ardeatina in zona Tor Pagnotta Caltagirone realizza 1 milione e 200 mila metri cubi per 12.000 abitanti. Per collegamento un bus e un progetto, mai avviato, di un tram veloce verso la stazione Laurentina della metropolitana da realizzare a spese dei costruttori.

Bufalotta: a pochi metri dal GRA. Toti e Caltagirone realizzano circa 2 milioni e 400.000 metri cubi, con l’impegno, verso l’Amministrazione e i futuri proprietari, di creare su 120 ettari il Parco delle Sabine. Le case vengono realizzate, il verde può aspettare. Dal GRA vengono creati svincoli per raggiungere il centro commerciale “Porta di Roma”, ma per raggiungere le abitazioni c’è sempre via della Bufalotta con traffico intenso e la promessa dell’arrivo della metropolitana B1.

Per un cittadino che sceglie di vivere in questi quartieri, questo significa 500-600 ore del tempo di un anno passate in macchina. Fra i 20-25 giorni interi dentro l’abitacolo.

Nel 2006 il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il sindaco Walter Veltroni “inaugurano” la fine dei lavori sul GRA, con le nuove corsie aggiuntive. Ancora oggi a 4 anni dalla cerimonia i lavori non sono conclusi, provocando un enorme disagio di circolazione ai cittadini e, paradossalmente, il Presidente degli Industriali Romani, Aurelio La Regina, si fa promotore della proposta per la costruzione di un secondo anello per la città.

Vogliamo parlare della convenzione tra il Comune di Roma e la società Mezzaroma? In zona Talenti si è assistito alla costruzione di circa 2000 appartamenti in cambio dell’impegno verso l’Amministrazione a trasformare in parco pubblico quaranta ettari di verde in mezzo alle stesse. Si costruisce Rinascimento 1 e Rinascimento 2 e il parco  non si realizza, siamo a Rinascimento 3, 4 e 5 e ancora niente. Per il trasporto collettivo qualche autobus e, ancora, la promessa della metropolitana B1.

Passiamo a Parco Leonardo di Leonardo Caltagirone: un’altra situazione di “Roma dentro Roma”. I terreni sulla Portuense erano destinati ad attività artigianali. Con la costituzione del Comune di Fiumicino finirono dentro i confini di quest’ultimo, cambiarono destinazione d’uso passando da 30 a 300 euro a metro quadrato. Realizzazione di edilizia privata intensiva e come al solito grandi centri commerciali e multisale, e per i residenti e i clienti o spettatori, sistemi di collegamento viario inesistenti.

Non lontano i Toti edificano la Nuova Fiera di Roma, sui terreni di loro proprietà, che non riesce a decollare perché inospitale, difficile da raggiungere e si dice faccia perdere un milione al mese ai suoi azionisti: Camera di Commercio, Comune, Regione. C’erano gli stessi Toti all’inizio fra i gestori, ma hanno venduto le loro quote. Inoltre, l’area non aveva accessi diretti e l’Amministrazione pubblica si è dovuta sobbarcare la realizzazione di circa 10 chilometri di una autostrada parallela, tre cavalcavia e due sottopassi, lavori realizzati dall’impresa Todini.

Prima della approvazione del nuovo PRG e l’addio del sindaco Veltroni spuntano 3 varianti. La prima riguarda il progetto Millennio alla Magliana, che prevede edifici residenziali e commerciali, compreso un grattacielo e un ostello.

La seconda riguarda le Torri di Viale Europa all’Eur.

La terza si occupa della Bufalotta: 1 milione e 63.000 metri cubi, previsti come uffici e servizi e diventati appartamenti. Tutte e tre le varianti interessano l’Impresa Lamaro della famiglia Toti. L’oggetto più importante è la variante della Bufalotta, che permetterebbe di mettere sul mercato 1700 appartamenti ricavati da uffici che non si riescono a vendere e dove Caltagirone, sui terreni comprati da Toti, sta costruendo 1200 appartamenti.

L’opposizione presenta 14.000 ordini del giorno, l’accordo raggiunto prevede il ritiro degli ordini del giorno, la firma del Sindaco sul nuovo Piano Regolatore prima della candidatura nazionale e il ritiro delle varianti. In campagna elettorale, Caltagirone parlerà di discontinuità e declino della città.

Alla Vianini di Caltagirone viene affidata la costruzione della Città dello Sport per i mondiali di nuoto, mai completata, che passa dagli iniziali 80-90 milioni con i fondi di Roma capitale, agli attuali 608 milioni, con destinazione di utlizzo ancora incerta.

L’emergenza casa nella Capitale è sempre tema d’attualità; si parla di housing sociale e densificazioni, ma per le vie brevi l’Amministrazione acquista case dai costruttori che non riescono a vendere. 10 milioni per 52 alloggi a Lunghezza dal costruttore Giancarlo Gherardi, 3 milioni e mezzo per 19 alloggi della Di Veroli Costruzioni, e 4 milioni e mezzo per 25 appartamenti dalla Sette Costruzioni. Oppure l’interesse a una permuta con la società CAM di 88 appartamenti periferici, in cambio di 3 immobili di proprietà comunale in zone centrali.

Dalla ‘notte delle varianti‘ risorge la trasformazione delle torri dell’Eur in appartamenti prestigiosi ed esclusivi. Le pressioni vengono esercitate della società Alfiere, in rappresentanza di Fintecna (pubblica) e un consorzio di costruttori: Toti, Ligresti, Marchini, Armellini, Di Amato. L’unica modifica rispetto a prima, visto il contesto, è che ci sarà più travertino nei rivestimenti.

Il rigore apparente della attuale giunta si infrange sulla scelta dei membri della commissione che dovrà preparare le norme attuative del Piano Regolatore. Addirittura siamo quasi al paradosso: il sindaco nomina personaggi vicini ai costruttori, che spesso hanno anche incarichi da dei privati di far ricorso al TAR contro lo stesso PRG. E poi si parla di conflitto di interessi!

L’attenzione ora è tutta concentrata sulle Olimpiadi del 2020 e la candidatura di Roma. Si muovono già interessi più o meno speculativi, si individuano poli per lo sviluppo e aree da edificare e tutta la macchina del consenso si è messa in moto ripartendo dal 1960, quando quelle Olimpiadi cambiarono quartieri interi della città, prima dello svolgimento delle gare e rimasero opere che diventarono patrimonio della città, a differenza dei Mondiali di Calcio del ’90, che furono contrassegnati da scandali e lievitazione dei costi, come stanno a dimostrare le due stazioni ferroviarie di Vigna Clara e Farneto, che funzionarono per gli 8 giorni delle partite. Analogo destino fu l’altro grande avvenimento: il Giubileo 2000, la cui data era da tempo prevista, ma che fu contrassegnato comunque dall’emergenza dovuta ai ritardi e alle indecisioni, che produssero lavori inutili e fatti male.

Dietro la debolezza della politica e dei suoi rappresentanti che vanno alla ricerca esasperata del consenso elettorale, alla ricerca di una rielezione che gli fa perdere di vista gli interessi generali e i propri elettori, non c’è neanche la forza di una classe imprenditrice capace di proporsi come sistema e pensare ad una strutturazione d’impresa slegata da eredità familiari o favori politici, ma che sappia proporsi come classe dirigente e che restituisce al territorio dove opera, in termini di valore aggiunto, quello che il territorio gli offre come opportunità.

Per ultimo c’è il lavoro, che in questi anni di tumultuosa crescita e facili arricchimenti del settore delle costruzioni non ha visto significativi cambiamenti, ancora si muore tragicamente nei cantieri o si è sottoposti a forme di sfruttamento nuove ed antiche nei confronti dei lavoratori immigrati, in una città che si manifesta sempre più razzista.

La politica, in particolare quella che fa riferimento ai valori del lavoro, si è persa dietro le illusioni dei grandi affari o delle speculazioni, ha perso la capacità di ascoltare e di vedere i bisogni di quelli che per vocazione dovrebbe rappresentare. Ed ha scelto quelli che usano la politica come un taxi.

In finale, ha perso la speranza  del cambiamento per colpa di piccoli uomini con piccole idee e pochi valori, ed ha perso la fiducia nelle istituzioni che dovrebbero rappresentare nell’interesse collettivo.

Con questo quadro, sconfortante, la polemica sulle caserme appare inutile e quasi anacronistica. E come al solito ci si preoccupa di più di mettere ‘toppe’ e, che a programmare un serio ed efficente sviluppo della città che metta sullo stesso piano qualità della vita, servizi, bisogno abitativo reale e sicurezza nei luoghi di lavoro. Insomma, quello che di solito si fa in un Paese civile!

Roberto Cellini

Segretario Generale Fillea Cgil di Roma e Lazio

Roma, 2 novembre 2010

Per info ed interviste: Roberto Cellini 3486726326

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Ufficio Stampa Fillea Cgil di Roma e Lazio

Francesca Marrucci

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